Nella vita spesso accadono dei fatti all’apparenza piccoli e banali ma se ti fermi un attimo, se “guardi” con gli occhi aperti e desiderosi di novità ti si può spalancare un mondo. Quando la fotografa Rivka Singer è stata chiamata per la foto di classe in un asilo non sapeva che da quell’incontro sarebbe cambiato il suo sguardo.

Tra le bambine c’era Grace, affetta dalla Trisomia 21. Era bella, dolce, affascinante, ma soprattutto quello che aveva colpito la fotografa era che: “Attraverso i nostri occhi non solo vediamo il mondo, ma troviamo il nostro posto al suo interno ed entriamo in contatto con gli altri. Mentre la maestra invitava Grace a vivere a fondo l’esperienza di farsi fotografare, pensavo tra me e me: “Questo sarebbe un titolo perfetto per un progetto che vuole fare luce su questi splendidi esseri umani ”.

E’ nato così il Looking Eyes,il progetto “occhi che guardano”, fotografie piene di gioia dove i bambini con Sindrome di Down sono solo “splendidi esseri umani”, come dice Rivka Singer, che sanno essere interessanti, divertenti, maliziosi e simpatici come qualsiasi altro bambino.

Con le mie immagini voglio mostrare che tutti i bambini hanno le stesse necessità. Hanno bisogno di essere amati per chi sono e, soprattutto, di essere accettati per chi sono. Tutti i bambini, che abbiano disabilità o meno, vogliono ridere, venire coccolati, essere spensierati e mostrare il meglio di ciò che sono. Quando un bambino è davvero considerato e si sente compreso, i suoi occhi si accendono di gioia e l’espressione sul suo volto rivela un tenero sorriso”.

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SantAntonio in Polesine Ferrara

“No, questo è troppo…”: ricordo che reagii così la prima volta che visitai la chiesa di Sant’Antonio in Polesine, a Ferrara. Le monache di clausura la aprivano a turisti e pellegrini solo due pomeriggi alla settimana. Una di loro, che teneva la visita guidata, disse che questo era un caso unico al mondo: un affresco dell’epoca di Giotto in cui l’anonimo pittore dipinge Gesù che sale la croce di sua iniziativa, con tale impeto che il perizoma pare agitato dal movimento.dettaglio Ferrara

Mi pareva decisamente troppo! Questo povero Cristo lungo tutto il Duecento era stato raffigurato in croce come “Patiens”, stravolto dal dolore: aveva sudato sangue nell’orto degli ulivi, era stato flagellato, coronato di spine, lungo la Via Crucis era così spossato che c’era stato bisogno del Cireneo… Com’è possibile che, giunto lì sul Golgota, si protende verso la croce salendovi di sua volontà, liberamente e decisamente? Altra domanda: è davvero un caso unico al mondo?

Ne parlai con un’amica studentessa di Storia dell’arte, che si mise in “caccia”, trovò una ventina di esempi di questa iconografia comunque rara, presente soprattutto in Armenia e Macedonia (solo tre o quattro evenienze in Italia) e ci fece la tesi di laurea.
Cosa vuol comunicarci l’anonimo pittore?

L’uomo Gesù di Nazareth aveva implorato “Passi da me questo calice”, ma ora dice al Padre (e a noi, sulla scia di quando ci insegnò il Padre nostro): “NoMiniatura medievalen la mia ma la Tua volontà sia fatta”. Negli stessi anni dell’affresco di Ferrara, Dante Alighieri ne ha detto il motivo: “E ‘n la sua volontade è nostra pace” (Par. III, 85). Una pace offerta a chi liberamente “passa” per la strettoia dolorosa permessa dal Signore e l’abbraccia, curioso di vedere il misterioso bene che dimora oltre. Pasqua significa “passaggio”. Anche T.S. Eliot, in “Mercoledì delle Ceneri”, cita questo verso di Dante: «E 'n la Sua volontade è nostra pace». Il quale Dante altrove, sfiorando l’ossimoro, canta “quella voglia…/ che menò Cristo lieto a dire – Elì – / quando ne liberò con la sua vena” (Purg. XXIII,73-75).Il Figlio grida al Padre “Elì” – Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato – eppure è “lieto” perché lasciandosi svenare ci libera.


Guido da SienaQui Dante sintetizza nella parola “lieto” la profondissima riflessione teologica di san Tommaso d’Aquinino:« il corpo perfetto spirituale di Cristo non si ribellò mai alla volontà del suo spirito, tanto meno nell’ora della morte redentrice». L’Aquinate decrive con precisione l’immane dolore patito da Gesù coi chiodi che colpiscono le terminazioni nervose direttamente in contatto con i centri cerebrali del dolore, e fu sempre lucido, e gridò, «ma nel contempo il suo cuore si dilatava nella dimensione del gaudio. La sua anima ricolma dicarità, inebriata dalla bellezza e dalla efficacia salvifica del Sacrificio, s’innalzava ad uno stato di supremo empito d’amore trascendente la stessa sofferenza fisica».

Grazie a Dio abbiamo il dono di vedere persone fragili come tutti noi, segnate da croci davvero pesanti, che hanno in volto il riverbero di questa “letizia”, di questo misterioso gaudio.

IMMAGINI:
Affresco di anonimo del primo ‘300 (intero e dettaglio), monastero di Sant’Antonio in Polesine, Ferrara                                                                                                                 Guido da Siena, 1270 Museum Catarijnen Conventum Utrecht
Miniatura medievale

di Roberto Filippetti www.filippetti.eu

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Il nostro amico Fulvio De Nigris, papà di Luca rimasto per otto mesi in stato vegetativo, ci ha raccontato uno dei tanti incontri nati tra le mura della Casa dei Risvegli Luca De Nigris, struttura pubblica dell’Azienda Usl di Bologna nella quale opera l’associazione “Gli amici di Luca”.

“Tutte le persone che seguiamo, con le quali veniamo in contatto rimangono nel cuore. I dimessi dalla Casa dei Risvegli affrontano un percorso di riabilitazione complesso che nell’80% li riporta a casa “risvegliati” , intendendo con questa parola disabilità leggere o più severe, e nel 20% tornano sempre a casa o in strutture di lungoassistenza. In entrambi i casi c’è un percorso di accompagnamento, di condivisione, dove anche gli inguaribili non sono incurabili. Ermanno rientrava in quel 20% che non ha avuto risultati apprezzabili, nel senso del risveglio pieno, ma sempre curato amorevolmente dalla moglie Monica in un rapporto di comunicazione diretto, empatico.

È stato dai noi 9 mesi e nel 2009 con grande soddisfazione di sua moglie e di suo figlio è tornato a casa. Una casa riadattata dove la sua vita tra alti e bassi è proseguita con grande vitalità, allietata da tante relazioni, da tanti stimoli. Nel frattempo è arrivato un nipotino che ha imparato a conoscere il nonno e a farlo sorridere. Dall’anno scorso è entrato e uscito dall’ospedale sempre in punto di morte. Ma la moglie tenacemente lo ha sempre voluto portare a casa dove lo ha gestito normalmente e in sicurezza.

Nei giorni scorsi purtroppo ci ha lasciati. Ermanno ci ha donato tanto e sua moglie Monica ci ha insegnato a capire un nuovo modo di comunicare e ad avere rapporti con lui.
È possibile, con amore, anche con difficoltà riallacciare quel filo interrotto con la vita, mai da soli, ma accompagnati in un quotidiano diverso che affronta nuovi percorsi di vita.

Mi rimangono le parole che Monica scrisse quando Ermanno tornò a casa, appena dimesso dalla Casa dei Risvegli Luca De Nigris: ”Sarai un po’ spettinato, ma non sentirai né la fame né la sete e sarai comodissimo, avrai il tuo occhio parlante, vivo, e io salvaguarderò tutto ciò che resta di te”.

E così è stato. Ciao Ermanno.

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