Chi mi conosce sa come affronto queste tematiche: non cerco dibattiti infiniti, credo che la "pratica” su questi argomenti conti mille volte più della “teoria”.

C'è però un passaggio della legge approvata dal Parlamento spagnolo che mi ferisce e credo dovrebbe ferire ognuno di noi. Non è un dettaglio.
Si legge in questa legge che il paziente per poter usufruire dell'eutanasia...deve soffrire di una malattia grave e incurabile.

Incurabile? Esiste qualcosa di incurabile?
E come la mettiamo con le migliaia/milioni di persone che al mondo si prendono quotidianamente cura di malati gravi, di disabili anche in condizioni estreme? Non li stanno forse curando? E loro quelli che possono decidere di farla finita, non sono curati, anche amorevolmente curati?

C'è una differenza abissale fra “incurabile” e “inguaribile” e confondere queste due parole in una legge dello Stato non è, non può essere solo un lapsus.

Sta passando da anni il messaggio che in fondo inguaribile e incurabile sono la stessa cosa, che se una persona è gravemente malata o gravemente disabile e visto che prima o poi dovrà morire (beh, anche il gravemente 'sano' prima o poi dovrà morire, no?) diventa perfettamente inutile curarla.

Mi sembra tutto tremendo.

Perché curare vuol dire "prendersi cura di” e in ogni momento della nostra vita siamo chiamati a prenderci cura di...mia moglie, mio marito, i miei figli, i miei fratelli e sorelle, i miei genitori, l'amico in crisi, il collega di lavoro, il cagnolino o il gatto, la pianta da concimare, l'imprevisto che ogni minuto bussa alla nostra porta.
Tutto.

Tutto con le sue fatiche le sue gioie, le sue emozioni. i suoi sussurri, le sue speranze, i suoi misteri.
E se tutto ciò non ha più senso, o almeno in certi momenti diventa inutile, che roba diventa la vita?
Non è un dettaglio, pensiamoci.

Massimo Pandolfi - presidente del Club

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