Noi non siamo definiti dalla quantità di neuroni funzionanti nel nostro cervello. Questo è quello che vorrei comunicare alla mia piccola nipote Sofia raccontandole la storia della mia mamma. Iolanda si chiamava ed era una donna piccola, minuta, silenziosa e dal gran cuore.

Ci abbiamo messo un po’ a capire che gli attacchi che la colpivano all’inizio del giorno non erano problemi di cuore o di semplice ansia ma il subdolo inizio dell’Alzheimer. Abbiamo così cominciato con lei il cammino nel tunnel lungo e buio della malattia che pian piano apparentemente la allontanava da noi. Le dimenticanze, la voglia di aiutare e non riuscire a farlo come prima, le difficoltà nel cammino fino a rimanere inchiodata nel letto. Ma sempre insieme.

Lei lavava i piatti ormai a modo suo e io di nascosto li rilavavo dopo di lei. Lei voleva essere utile e allora portavamo a casa giornali vecchi e le chiedevamo di farli a pezzetti per smaltirli meglio alla discarica. Come era contenta di passare quel tempo a rendersi utile!

Quante risate insieme quando alla messa domenicale alla televisione ci faceva notare che quel signore lì (il Papa) lei l’aveva già visto ma non si ricordava dove ma soprattutto – diceva – “sembra proprio che guardi me”. O quando mio figlio scherzando le soffiava forte sul viso e lei chiedeva “ ma quanto vento c’è oggi?”. Quando era ormai nella sua camera nel letto era sì inchiodata dalla malattia ma mai confinata. Sempre qualcuno a tenerle compagnia. Anche i pasti, ormai dispensati con la siringa perché non riusciva più a masticare erano cucinati da mio marito con tanta cura e ricevevano sempre il solito commento.. “come è tutto buono”.

Durante il giorno e la notte la strada è stata spesso in salita ma in montagna quando si sale si sa che la fatica ha sempre in premio una Bellezza in tante piccole perle che segnano il cammino: un sorriso, un attimo di lucidità, un ringraziamento, il ricordo di momenti felici passati insieme e del bene che si è ricevuto. Non importa quanti neuroni hai, hai avuto o avrai, perché tu sei prezioso agli occhi di Dio e di chi ti è accanto.

di Claudia Ferrari

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Si chiama Elisa. La guardi negli occhi e ti par di averla già vista in un dipinto del Beato Angelico. Anche mamma Anna ti par d’averla già vista, forse in un film... Elisa è in sedia a rotelle. La mandibola e le braccia si muovono a velocità supersonica, ma papà Fabrizio-homo-faber, quando ha scoperto che Elisa allora bambina controllava solo un ginocchio ha inventato un marchingegno grazie al quale la figlia potesse comunicare attraverso questo ginocchio. Elisa si è da poco laureata in lingue e traduce testi dal russo. Mi viene in ment449131896 902344498363678 6565159841041196517 ne Ermanno, colui che giusto mille anni fa scrisse la “Salve Regina”.

Sabato sera per la festa finale è arrivata da Cremona l’orchestra di fiati “CRescendo” diretta da Giovanni Grandi, tutta composta da ragazzi. Musica travolgente: mi è venuto il torcicollo per guardare come due metri più in là Elisa ballava da seduta, sprizzando gioia da tutti i pori.
Achi mi chiede cosa ho visto nei tre giorni passati a Calambrone di Pisa alla vacanza dei Quadratini (amici che si aiutano nel duro cammino della malattia N.D.R.), racconto fatti come questo e decine di altri simili. Mai visti tanti problemi gravi di salute tutti insieme, e mai vista tanta LETIZIA.
Com’è possibile?

Guardandoci in faccia l’un l’altro abbiamo la fortuna di tenere la coda dell’occhio su ciò che insuperabilmente dice l’amico Forese Donati a Dante (Purg XXIII 72-75): 

“girando, si rinfresca nostra pena:
io dico pena, e dovria dir SOLLAZZO,
Perché? Può mai la pena essere sinonimo di “sollazzo”, cioè di gustoso sollievo?
Sì, se “ci mena [ci conduce]   quella voglia 
 che menò Cristo LIETO a dire ’Elì’,
 quando ne liberò con la sua vena".
Salì in croce e disse “Elì”, Dio mio, Padre mio… quando ci liberò facendosi svenare”.

Salì in croce LIETO: una roba dell’altro mondo, che ho avuto il dono di toccare con mano in questi tre giorni in questo mondo. Vedere per credere.

(Dal post di facebook di Roberto Filippetti)

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Sono Matteo Peverada, amico di Paolo Marchiori che è socio onorario del Club “L’inguaribile voglia di vivere”. 
Ho conosciuto il Club, proprio grazie a Paolo e condivido il bene che fate attraverso l’amicizia e il sostegno a chi è nella difficoltà o nella malattia. Desidero raccontarvi com’è nata e perché continua ancora oggi la nostra amicizia.

Correva l'anno 2008 e mi apprestavo a partecipare al mio primo pellegrinaggio pasquale a Lourdes. Quel pellegrinaggio era da me molto atteso e poi ho scoperto anche ricco di sorprese! Non avevo particolari obiettivi, desideravo fare quell’esperienza. Dopo che mi ero iscritto, avevo saputo che una mia prozia era presente anche lei a quel pellegrinaggio e avevo perciò deciso che per quello che potevo l’avrei seguita e aiutata . 
Durante il viaggio mi è stato presentato Paolo Marchiori che da alcuni mesi aveva scoperto di avere la sla e proprio per questo aveva deciso di partecipare al suo primo pellegrinaggio a Lourdes con il CVS , Centro Volontari della Sofferenza , un associazione laica fondata dal Beato Novarese nel 1947. 
Abbiamo vissuto la settimana a Lourdes con molto fervore religioso senza obbligo ma condividendo i tanti momenti proposti . 
Insieme abbiamo pregato il Santo Rosario e molte volte lo abbiamo meditato attraverso i mosaici che ci sono nella Basilica che ci hanno affascinato in modo particolare . 
Dopo quell’esperienza, abbiamo continuato a sentirci e nel limite del possibile anche a vederci nonostante la lontananza. 

Ho sempre cercato di partecipare agli incontri dove Paolo portava la sua testimonianza perché per me era importante fargli sentire la mia presenza e poi alla fine ero io che ci guadagnavo in serenità e energia nel vivere il mio quotidiano . 
Quando Paolo non e’ più riuscito ad uscire di casa ho deciso che potevo andare io da lui, certo non con la frequenza che avrei desiderato ma almeno 2/3 volte l’anno . 
I momenti più belli sono sempre la recita del santo rosario, ci ricordano che siamo tutti bisognosi di stare sotto lo sguardo di Maria . 

Quest'anno l’occasione di vivere insieme il primo venerdì di quaresima mi ha donato la sorpresa di poter pregare a casa sua con gruppo del CVS che era venuto a trovarlo!
Ogni volta mi stupisco di come Paolo si interessi a me , mi chiede sempre come sto e come va il lavoro . 
Dialoghiamo grazie al comunicatore e le sue rispose sono sempre preziose. Mi tornato spesso alla mente le parole che Papa Francesco ci aveva consegnato il 17 maggio 2014 quando con il CVS lo abbiamo incontrato durante l’udienza che in modo straordinario ci aveva concesso :…”Una persona ammalata, disabile, può diventare sostegno e luce per altri sofferenti, trasformando così l’ambiente in cui vive.

Vi incoraggio a essere vicini ai sofferenti delle vostre parrocchie come testimoni della Resurrezione. Così voi arricchite la Chiesa e collaborate con i vostri Pastori, pregando e offrendo la vostra sofferenza anche per loro. Vi ringrazio tanto per questo!
Ecco questa è la mia modesta testimonianza, orgoglioso e grato di essere amico di Paolo e quindi anche vostro! 

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