Non so se esiste una classifica dei sorrisi più belli al mondo,ma di certo quello di Eva è  al primo posto.IMG 1673

Eva,ti guarda e sorride. 

Eva,una ragazza bolognese di 18 anni con una patologia molto grave. Con lei una grande famiglia, sette fratelli più mamma Claudia e  papà Roberto e una grande casa con la porta sempre aperta sul mondo. Ci ha accolto così la famiglia Lappi a noi del Consiglio del Club l'Inguaribile Voglia di Vivere. Incontro nato dall'amicizia  che il nostro consigliere Gianni Varani ha con questa splendida...tribù.

Un'amicizia cresciuta e alimentata dal libro che ha scritto per raccontare di Eva "Il senso di Eva per la vita". Eva opera oltre quello che noi vediamo: pur non parlando, pur non muovendosi. Lei attira la gente e rende la vita realmente piena.

Aiuta ad affrontare il male di questi tempi moderni con gioia e letizia. Perché credetemi è  proprio la letizia che vivi quando entri in  casa Lappi. La puoi toccare con mano,la puoi toccare quando accarezzi i capelli lunghi di Eva o la guardi  in quegli occhi enormi. Potremo essere scettici su questa realtà ma l'aria  che si respira tra queste mura domestiche ti riempie di gioia,ti aiuta a dare quelle risposte che la nostra vita ci chiede.

Di colmare quel vuoto che  a volte la nostra vita incontra. Perché non è la disperazione ma la consapevolezza di essere in questo mondo per qualcosa di grande. Questa famiglia ha una certezza,la certezza della fede,di essere parte di un cammino e di una storia e di essere accompagnati e seguiti in questo cammino. Di non essere soli. L'incontro  con Eva ti cambia,ti pone un giudizio e ti rallegra il cuore.

Grazie Eva,grazie famiglia Lappi per il bene che fate uscire da quella porta.

di Marco Fabbri (consigliere del Club)

Guarda il video: Il Senso di Eva per la vita

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Tutto può essere pretesto per chi voglia alimentare crociate ideologiche. Ma fa sorridere che una pattuglia di atei romani – legittima ovviamente la loro "fede”, meno che vogliano impedire ad altri di parlare – abbia preso a pretesto una frase di un recente libro (Il senso di Eva per la vita, storia di una ragazzina totalmente disabile e della sua numerosa e generosissima famiglia) per chiedere che il capo dei vescovi italiani, Matteo Zuppi, non potesse parlare all’università Roma3.

Cosa si diceva nel libro? Che la scienza sa molte cose ma non conosce i miracoli. Tanto è bastato per sostenere che il capo dei vescovi sarebbe il solito prete oscurantista, al quale perciò non andava permesso di fare lezione nella laicissima università. Il rettore non ha seguito questa linea di “pensiero”. Resta il fatto che l’affermazione presa a pretesto in definitiva non fa che confermare quel che certi atei pretendono e cioè che la scienza è scienza, e i miracoli non rientrano nel suo campo.

Dov’è dunque lo scandalo? Ma intanto Eva, 18 anni da poco, continua a vivere contro ogni previsione e la sua famiglia è un miracolo vivente di accoglienza e amore per chiunque: disabili, ammalati, tossici, prostitute, ragazze madri, rifugiati, credenti e non. Zuppi, alias don Matteo, ha dato voce a Eva e alle tante Eva che vivono. Va ringraziato, così come un grazie va a quell’università che ancora non chiude e limita il pensiero umano. Potrebbe diventare rara.

 di Gianni Varani

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Hai una sofferenza psicologica irreversibile?
In Belgio puoi chiedere di morire. Anzi, ti aiutano a morire. Eutanasia, parolina magica o tragica a seconda dei punti di vista: in quello stato è legge.

Due episodi, capitati nel giro di qualche giorno proprio in Belgio, in marzo, ci inducono a una serie di  riflessioni: forti, importanti.
Primo episodio: una donna di 56 anni uccise 16 anni fa i suoi cinque figli, dai 3 ai 14 anni, sgozzandoli uno a uno. C'è poco da aggiungere, se non che questa donna, ad un certo punto, non ce la faceva più a vivere con questo gigantesco macigno e senso di colpa dentro il cuore e ha chiesto di morire: accontentata.
Secondo episodio: un'altra donna ha chiesto di andare all'altro mondo. Però, in questo caso, lei era una vittima, non la carnefice. Madre di due figli, ha ottenuto l'autorizzazione a mettere fine alla propria vita per le sofferenze psicologiche provocatele da uno stupro avvenuto nel 2016. Anche lei accontentata e pure suo figlio ha sostenuto la scelta in una lettera aperta: 'Mia mamma è ancora viva fisicamente, non più mentalmente'

Alcune considerazioni.
1) Solo a leggere le parole del figlio della mamma violentata e che ha chiesto l'eutanasia, si capisce in un attimo che la cosa più fine vita pieta sbagliata sarebbe quella di entrare a piedi uniti su queste vicende, riempiendole di teorie, di dogmi e di fregnacce. Rispetto per tutti, in primis.

2) Ciò non toglie che un giudizio si può e si deve dare. Cominciamo dalla mamma assassina e partiamo a monte: dalla pena di morte, non dall'eutanasia. In 52 Stati nel mondo esiste ancora. Voliamo bassi: noi, tu, come ci poniamo, come ti poni di fronte a questa cosa qui? In teoria siamo tutti bravi e buoni a dire che no, la pena di morte non deve esistere: ma in pratica, nella pratica, nella carne, se tu che leggi fossi il padre di quei bambini ammazzati, continueresti a dire che la pena di morte è contro l'umanità e va abolita? Avresti la forza di perdonare quella mamma assassina?
Non lo sai, non possiamo saperlo. Il perdono è una cosa così grande che ti arriva appunto per-dono (possiamo dire grazie a Dio noi che crediamo): lo spiega magnificamente nei suoi incontri e anche in un libro, Gemma Calabresi, moglie del commissario Mario Calabresi barbaramente ammazzato.
Però una cosa ci fa un po' schifo, e ci sia consentito di esprimerci così: per carità, siamo contro la pena di morte, forse anche contro l’ergastolo, perché il condannato deve avere una via, un'uscita, una rieducazione. Una chance, ecco. Però se te lo chiede lui di essere ammazzato va tutto bene? Cos'è ci togliamo forse un peso dalla coscienza? Non siamo per caso un po' ipocriti? Non abbiamo il coraggio (per fortuna) di ammazzare la mamma-mostro ma sia fatta la sua volontà se lei vuole togliersi di mezzo?

3) A scanso di equivoci: chi scrive vorrebbe che la pena di morte scomparisse da tutti i paesi del mondo e spera anche di non cadere mai nella tentazione se la realtà gli dovesse presentare una situazione al momento, ovviamente, inimmaginabile. La tentazione di dire o anche di scrivere una parola in più, di troppo. Siamo fatti per vivere e un giorno morire, ma la vita e la morte sono cose troppo più grandi di noi.

4) Tornando al legame fra le due storie, le due donne che vogliono morire, la mamma assassina e la mamma stuprata, una colpevole (anzi una super colpevole: come cavolo si fa ad uccidere i propri cinque figli? e una vittima. Siamo proprio sicuri che la libertà di chiedere di morire sia propria una libertà? C'è da festeggiare perché, viva il Belgio che lo consente dal 2002, si possono esaudire i desideri di chi non ce la fa più? Più che una vittoria, non è forse una sconfitta questa?

5) Non sarebbe magari meglio, e qui chiudiamo, esultare, gioire, fare festa, quando si riesce a ridare, anche quando solo si prova a ridare, un senso e una direzione a queste vite sbandate, psicologicamente o mentalmente? Non sarebbe questa, Belgio o Italia che sia, la vera risposta sociale, politica e soprattutto umana, a chi non ce la fa più? Tenere per mano chi non ce la fa più, accarezzarlo (anche la mamma assassina, sì: e sarà complicatissimo, lo so), dargli compagnia.
E se non succede niente? Possibile, in alcuni casi probabilissimo. Ma questa, alla faccia di eutanasia, suicidio assistito e scorciatoie varie, credo sia l'unica strada percorribile. Vera, fatta per l'uomo. Umana. Dare un significato a una vita, a ogni vita,  che sembra non avere significato, che sembra solo da buttare. Anche a quella della pazza mamma assassina. O al vecchietto con l’alzheimer o al ragazzone diventato tetraplegico per un incidente. E' difficile, ma si può!

di Massimo Pandolfi (presidente del Club l'inguaribile voglia di vivere)

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