Abbiamo chiesto alla nostra amica Emanuela, sorella della Beata Benedetta una testimonianza su questa giovane beata che verrà da Papa Francesco quest’anno proclamata co-patrona degli ammalati. Benedetta Bianchi Porro nasce a Dovadola, in provincia di Forlì, l' 8 agosto 1936. È la seconda di sei fratelli e la sua vita è segnata, fin dalla primissima in infanzia, dalla malattia, che l’accompagnerà fino alla fine.
Prima la poliomielite, a soli sei mesi, che le lascerà una gamba menomata, poi un male incurabile, il morbo di Recklinghausen, che si manifesta, nella prima adolescenza, con la sordità. Sarà Benedetta stessa, studentessa di medicina, a diagnosticare, prima dei medici, la sua patologia. Un giorno si avvicina alla signorina Elettra, l’amica della mamma con cui viveva a Milano nel periodo dell’università, con in mano un libro di patologia medica che stava studiando: “Signorina, sa una cosa? La mia famiglia e i dottori pensano che la mia sordità sia di origine psicologica, ma non è vero. Ho scoperto che cos’è” e, mostrandole la fotografia di un paziente affetto da quel morbo “ Ecco la malattia che ho io”.
Col passare degli anni il suo corpo si paralizza completamente, tranne che in una mano, attraverso la quale comunica con familiari e gli amici attraverso un alfabeto muto. Benedetta perde ogni percezione sensoriale, diventa completamente cieca ma la sua straordinaria intelligenza e il suo spirito sono più ardenti che mai e le permettono di comunicare con tutti quelli che si avvicinano a lei e, attraverso lei, il suo rapporto con Dio. Una caratteristica di Benedetta è l'umorismo. Spesso, nelle sue lettere afferma che, pur nella sua condizione, ha tanta voglia di ridere. Questa è una prerogativa dei santi. Kierkegaard, un filosofo che Benedetta amava, afferma che nella relazione col divino l’uomo prende coscienza dei suoi limiti di fronte all'orizzonte infinito che è Dio. L'umorismo fa ridere, consente di procedere leggero nella vita, sapendo che c'è un Altro a condurla. Benedetta Bianchi Porro si spegne a Sirmione il 23 gennaio 1964 all’età di ventisette anni.
Quella mattina d’inverno, nel giardino sotto alla sua finestra, sboccia una rosa bianca. «Le grazie che per lei il Signore concede entrano in punta di piedi come gli amici che andavano a trovarla nel suo letto di dolore. Esse non fanno rumore, se non si sta attenti non ci si accorge neppure che sono vere grazie. Sono prodigi essenziali per la nostra povera vita, concatenati uno all’altro come una paziente tessitura d’amore al tempo giusto e al posto esatto» scrive Enrico Medi, fisico di fama internazionale, e aggiunge «C’è un’altra dimensione che sfugge all’occhio dell’uomo ed è quella che san Paolo chiamava la “profunditas”».
E’ in quella dimensione che Benedetta abita e da cui comunica con noi, al di là dello spazio tridimensionale dove ci sentiamo prigionieri, mentre lei, nel buio e nel silenzio della sua “piccola grotta” e nella sua “deserta cella” vive la libertà. Benedetta Bianchi Porro viene beatificata sabato 14 settembre 2019 nella cattedrale di Santa Croce a Forlì. Domenica 6 aprile 2025, in Piazza San Pietro, verra’ proclamata co-patrona degli ammalati.
In questo mese, dedicato alla Madonna di Lourdes e quindi agli ammalati, desidero portare la mia piccola testimonianza di fede e ringraziamento.
Mi chiamo Loredana e la mia devozione alla Madonna risale fin da quando ero piccola. Mi ricordo che ogni volta che mi portavano in chiesa, mi affascinava il suo volto che mi fermavo sempre a fissarlo. Ricordo che quando mi sono sposata, ho lasciato a Lei il mio bouquet in segno di affidamento. Ad un certo punto della mia vita mi e’ sopraggiunta una grave malattia. Non pensavo che potesse accadere… e devo riconoscere che misteriosamente non mi sono abbattuta e ho affrontato il percorso con forza e serenità.
Una settimana prima di essere operata, una notte sognai di essere davanti alla Madonna, dentro la grotta a Lourdes proprio come se fosse ora (io non c’ero mai stata) e lei mi guardava senza parlarmi. Mi svegliai un po’ spaventata … non riuscì più a dormire e mi chiedevo cosa poteva significare quel sogno . Arriva il giorno dell’intervento, mi operarono e dopo alcuni giorni tornai a casa. Sognai ancora la Madonna di Lourdes e come la volta precedente mi domandai il perché . Dopo qualche giorno mi chiamarono dall’ospedale per comunicarmi che l’intervento fatto aveva per fortuna esito negativo .. cioè non avevo più la malattia terribile e che non necessitavo più di nessuna terapia ! Subito mi sono recata in chiesa per ringraziare la Madonna e mentre pregavo capii che Lei mi aveva protetta.
Decisi perciò di fare qualcosa di concreto per chi invece era nella malattia e decisi di andare a Lourdes per accompagnare chi era nella sofferenza e di assisterli e donare a Lei tutto ciò che avrei incontrato. Da allora, era il 1985,con l’Unitalsi mi reco una settimana all’anno per sostenere e aiutare gli ammalati. Torno sempre più convinta che la Madonna mi ha chiamata attraverso la malattia ad un cambiamento della mia vita. Ora guardo tutto ciò che mi accade in modo diverso perché sono certa che Lei c’è e mi protegge .
di Loredana Bosetti
L’altro giorno la mia amica Rosella mi ha detto: “smetti di leggere quello che stai leggendo, ti ho portato un libro. Devi assolutamente conoscere questo personaggio.” Lei è così, determinata, dritta al punto e io ho obbedito e ho “incontrato” Giancarlo Rastelli, un medico ma anzitutto un uomo eccezionale. Ecco la sua storia:
Rosangela, la sorella di Giancarlo in questo libro racconta la breve ma intensa vita di questo gigante della scienza e della carità. Giancarlo, Gian per gli amici, era nato a Pescara il 25 giugno del 1933 ed è morto in odore di santità al Methodist Hospital di Rochester in America a soli 36 anni per un linfoma. Da sempre appassionato della vita in tutti i suoi aspetti amava la montagna, le passeggiate con gli amici e andare a pescare durante le vacanze a Polesine Parmense sul delta del Po. Ma soprattutto amava la gente ,che fossero i barcaioli con cui usciva in barca e a cui insegnava per conseguire la licenza elementare o i giovani con cui si era inventata la prima Biblioteca Parrocchiale in paese.
A Parma frequenta la facoltà di Medicina e Chirurgia, si laurea,si specializza e diventa bravo, bravissimo nella diagnostica delle patologie cardiopolmonari, tanto da ricevere dalla Nato l’offerta di una borsa di studio per un anno. Gian sceglie la Mayo Clinic di Rochester. Lo studio e il duro lavorano lo portano ben presto a importanti scoperte nel campo della cardicardiochirurgia pediatrica e delle malattie cardiache genetiche. Nel 1964 ritornato dal viaggio di nozze scopre di avere un Linfoma. Studiare per diventare cardiochirurgo richiederebbe molto tempo e Gian sa che il suo di tempo si fa breve e allora si dedica alla ricerca. Lo studio e il duro lavoro lo portano ben presto a importanti scoperte nel campo della cardicardiochirurgia pediatrica e delle malattie cardiache genetiche. La classificazione e lo studio approfondito di quella parte del cuore conosciuta come Canale AtrioVentricolare gli apre la strada per trovare una metodica di cura di una cardiopatia congenita complessa che così può venir corretta chirurgicamente con i “Metodi Rastelli 1 e 2” ormai noti e applicati in tutto il mondo e che hanno salvato la vita di molti bambini, quegli stessi bambini che tanto spesso lui ha chiamato e accolto a casa sua in attesa di essere operati.
Tutto il suo lavoro, svolto fino all’ultimo nonostante la sofferenza per la malattia che l’affliggeva metteva al centro della sua attenzione il “fratello” malato. “Anche se sai di avere pochi minuti per la visita all’ammalato – era solito dire – entra, siediti accanto a lui, sorridi , prendigli la mano, incontralo come fratello di un unico destino, non come un numero o come un carcerato dell’ospedale. Incontralo in Cristo. L’ammalato è l’altro da servire”. “Perché – diceva – ho sempre pensato che la prima carità che l’ammalato deve avere dal medico è la carità della scienza. E’ la carità di essere curato come va curato”.
Nel 2005 il vescovo di Winona, in Minnesota, Bernard Joseph Harrington, ha concesso il nulla osta alla diocesi di Parma per l’apertura della causa di beatificazione.
di Claudia Ferrari