silenzioUn libro bellissimo, scritto con eleganza e sensibilità, da un giornalista e scrittore di razza, Sergio Barducci. Si intitola “Nel tuo silenzio” ed è la storia vera di Angela e Nazzareno che ha liberamente ispirato la serie tivù “Buongiorno mamma” con Raul Bova. Una famiglia felice con cinque figli che ad un certo punto incontra un imprevisto, un drammatico imprevisto. Lei Angela entra all'improvviso in coma e il mistero dura 29 anni. Ventinove anni in cui c'è tutto. E il contrario di tutto. Il volume è stato presentato a Bologna dall'autore con il nostro presidente Massimo Pandolfi. E lo stesso Barducci ha raccontato al Club cosa ha provato a raccontare questa storia.

 

“Scrivere questo libro mi ha consentito di godere di un grande privilegio, quello di entrare in una profonda, e per nulla ordinaria, storia d’amore. (continua) La storia di un amore incrollabile, capace di andare oltre i confini a noi noti, di superare i banali steccati delle pulsioni, delle affettuosità, delle tenerezze, delle fisicità; un amore in grado di superare anche le nuvole. Nazzareno e le sue cinque figlie sono persone meravigliose, che hanno affrontato il dolore e la sofferenza con enorme dignità, con la forza appunto dell’amore. Mai una flessione nella decisione di rifuggire l’idea di “staccare la spina” o affidare ad altri il difficile e delicato onere dell’assistenza totale, completa, 24 ore su 24, senza un minuto di sosta, di respiro, di svago alcuno. Quella donna non più attiva, piombata di colpo nel buio inesplorato e inesplorabile di una diversa dimensione, è stata sempre, per loro, una presenza viva e vitale. Non aveva importanza il fatto che non potesse sentire o parlare: lei era lì! C’era in una forma di “assenza partecipativa”, anche se può sembrare un ossimoro; dispensava consigli pur senza articolare alcun suono, raccoglieva sfoghi, confessioni e delusioni anche senza udire le parole. Ho provato emozioni profonde parlando con Nazzareno o conversando con le “ragazze”, oggi a loro volta mogli e mamme felici.

Mi sono commosso, ho frenato più volte il pianto, ho sofferto e gioito con loro, perché in quell’immenso dolore hanno saputo trovare anche momenti di gaiezza. Ho anche passato giornate intere a pensare a come personalmente avrei potuto reagire di fonte ad una prova simile, a chiedermi se mai avessi avuto la stessa forza, la determinazione, la costanza, la mitezza e, allo stesso tempo, la fermezza. Mi domandavo se sarei stato capace di scoprire e di vivere, di sostenere, una forma di amore così grande e così onerosa. Ho rimuginato a lungo e ho provato amarezza per gli infelici giudizi espressi, cattivi e inopportuni, perché sono convinto che in questi casi nessuno abbia il diritto di esprimere alcuna critica o pensiero. Ho provato rabbia per come la sanità, pur mostrando anche comportamenti esemplari, abbia lasciato questa famiglia troppo sola ad affrontare una situazione ben più gravosa di quanto si possa immaginare. Nel grande tema del “fine vita”, che segna il dibattito filosofico e sociale di questi tempi, credo questa meravigliosa storia si inserisca a pieno titolo per fornire importanti spunti di riflessione e offrire l'opportunità di interrogarsi.

A chi lo sa ascoltare anche il silenzio parla.

di Sergio Barducci

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Un anno dopo non ci fermiamo. Nell'autunno del 2022 il Club ha lanciato l'operazione 'Tribù dei 100': 10 euro a testa al mese a testa da parte di 100 persone, fa mille euro al mese. Tutti destinati a Paolo Marchiori, il nostro caro amico bresciano malato di Sla e che con l'avanzare della malattia ha sempre più bisogno di cure, attenzione e sostegno, anche economico.
A distanza di dodici mesi dall'avvio dell'iniziativa siamo qui per annunciarvi che l'impegno continua. E il nostro caro Paolo, con un toccante messaggio che vi proponiamo qui di seguito, ha ringraziato la Tribù dei 100:

Ciao amici della Tribù dei 100!
E' ormai un anno che mi aiutate e volevo ringraziarvi, di cuore!
Come è andata l'estate appena finita? Diciamo che gli arti sono dimagriti, per cui sono diventato molto più fragile: se non avessi la fede, penso che non ci sarei più. 
Non poter parlare è dura, difatti stamattina per l'ennesima volta, mi hanno schiacciato, il piede sinistro, mi hanno come rivoltato e io non potevo urlare: questa è la mia normalità. Diciamo che in questo momento non posso fare niente; spero solo che Dio mi mantenga gli occhi, per scrivere.
Devo ringraziare tutti voi per il contributo mensile, perché mi continuate a far respirare un po'. Per ora ho un badante e...mezzo. La moglie di lui va in giro a fare i mestieri, ma prima aiuta suo marito a lavarmi e a posizionarmi, sulla poltrona, e alle sera sono in tre, con mia sorella, a mettermi a letto. Vi manderò una foto magari, uso una quindicina di cuscini! 
Se non avessi avuto il vostro contributo, era inevitabile andare in una struttura, ma li non sono disponibili ad aspirarmi sempre come fa il mio badante e di sicuro dopo qualche notte, soffocherei...Quindi se sono vivo lo devo anche a voi: è vero che sono sgangheratissimo, ma la mia voglia di vivere non manca, e chi mi conosce, quando se ne va, mi dice che sono io che li aiuto. 
Mi sento ripetere in continuazione: “Quando esco da casa tua, mi sento meglio sia fisicamente che  moralmente”. Ecco perché il mio vivere non è comunque inutile, e questo è anche e sopratutto merito vostro.Grazie, grazie e grazie.
Il vostro Paolo Marchiori

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La paura del buio di Maurizio Galimberti è la ferita lasciata dagli anni passati in orfanatrofio. La passione per la fotografia non poteva perciò che passare attraverso l’utilizzo di una Polaroid, l’unica macchina fotografica che non necessitava della camera oscura per lo sviluppo delle fotografie. La vita, vista da bambino attraverso le inferriate delle finestre dell’istituto era spezzata in tanti piccoli quadretti.

Questo ricordo ha fatto interpretare dal fotografo la realtà con raffiche di scatti in tutte le angolazioni trasformandola in mosaici fotografici. I suoi ritratti a personaggi famosi come Johnny Deep portano alla fama la sua tecnica, un collage scomposto quasi un rimando al movimento dadaista francese di Dushamp. Spesso un profilo del volto sfuma da un’inquadratura all’altra perché come dice Galimberti: “La realtà è imperfetta, come potrebbe non esserlo anche la fotografia?” Chi meglio di lui poteva, in una mostra fotografica, portare alla luce i volti delle persone affette da sclerosi multipla con le mille sfaccettature della malattia, della paura e della speranza? “Questo per me -ha detto- è stato uno dei progetti più sfidanti ed emotivamente coinvolgenti. La prima cosa da raccontare è l'uomo con la sua vita, la sua sofferenza… È attraverso le esperienze di chi ha già ricevuto una diagnosi da tempo che i nuovi diagnosticati possono capire quali sono le diverse opportunità disponibili. Perché la sclerosi multipla è solo l’inizio di un nuovo capitolo e non la fine della storia”. Evviva la fotografia imperfetta!

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